Nel PPP l’analisi dei rischi segna il limite legale dell’autonomia dei privati

Lo ha affermato la Corte dei conti, Sez. Reg. di Contr. per l’Emilia-Romagna, Deliberazione n. 200/2021/PAR del 30 settembre 2021. Interessante pronuncia ricca di spunti di analisi e riflessioni.

L’equilibrio economico e finanziario, ossia la contemporanea presenza delle condizioni di convenienza economica (intesa quale capacità del progetto di creare valore nell’arco dell’efficacia del contratto e di generare un livello di redditività adeguato per il capitale investito) e di sostenibilità finanziaria (intesa quale capacità del progetto di generare flussi di cassa sufficienti a garantire il rimborso del finanziamento), rappresenti un limite legale all’autonomia negoziale dei contraenti che intendano avvalersi dello schema contrattuale in esame.
Il raggiungimento di detto equilibrio finanziario discende dalla corretta allocazione dei rischi secondo le indicazioni fornite dal legislatore, in sede di conclusione del contratto per effetto dalle clausole contrattuali pattuite.
Secondo le direttive Anac e le decisioni Eurostat l’analisi dei rischi connessi alla costruzione e gestione dell’opera per l’accollo sostanziale ed effettivo degli stessi da parte dell’operatore privato costituisca condizione essenziale per la qualificazione giuridica del contratto di PPP e la sua contabilizzazione “off balance”, specificando altresì l’onere che incombe sulla pubblica amministrazione nell’operare una valutazione complessiva estesa a tutte le clausole contrattuali o comunque ad esso connesse al fine di non creare indebitamento pubblico e ponendo infine l’accento sulla giurisprudenza contabile che delinea quale centrale l’assunzione del rischio a carico del privato.

L’art .180 del codice dei contratti pubblici, al comma 6 dopo aver statuito che l’equilibrio economico costituisce il presupposto per la corretta allocazione dei rischi tra i contraenti nei contratti di PPP, prevede che ai soli fini del raggiungimento dello stesso, l’amministrazione può statuire anche un prezzo consistente in un contributo pubblico, individuato anche nel riconoscimento di un diritto di godimento strumentale e tecnicamente connesso all’opera, ovvero la cessione di immobili non più di utilità.
Detta poi il limite della contribuzione pubblica per la contabilizzazione “off balance” dell’operazione statuendo che “in ogni caso, l’eventuale riconoscimento del prezzo, sommato al valore di eventuali garanzie pubbliche o di ulteriori meccanismi di finanziamento a carico della pubblica amministrazione, non può essere superiore al quarantanove per cento del costo degli investimento complessivo, comprensivo di eventuali oneri finanziari”.
Le norme ancora una volta richiamano l’attenzione della pubblica amministrazione ad una valutazione complessiva dell’operazione che si intende concludere con il privato allargata a tutto il sistema di clausole, garanzie ed oneri finanziari.

Il canone di disponibilità ai sensi dell’art. 188 del codice dei contratti è il corrispettivo, soggetto ad adeguamento monetario secondo le previsioni del contratto, che viene versato all’affidatario soltanto in corrispondenza alla effettiva disponibilità dell’opera ed è proporzionalmente ridotto o annullato nei periodi di ridotta o nulla disponibilità della stessa per manutenzione, vizi o qualsiasi altro motivo non rientrante tra i rischi a carico dell’amministrazione aggiudicatrice secondo le modalità ed i limiti che devono essere previsti nel capitolato prestazionale.
Con il canone viene quindi remunerato il servizio che rende disponibile il bene. Proprio per questa funzione si presenta come canone unitario non scorporato nella parte che remunera l’investimento e quella che garantisce la gestione. Le condizioni che disciplinano l’erogazione del canone vanno opportunamente regolamentate nel bando e nella dimensione contrattuale successiva e devono essere idonee a garantire che il rischio di disponibilità sia effettivamente trasferito sull’operatore privato, con la conseguenza che il canone non è automatico bensì legato ai livelli prestazionali dell’opera o del servizio, al mancato raggiungimento del quale si applicano decurtazioni automatiche tali da incidere significativamente sullo stesso canone fino ad azzerarlo.

Per quanto concerne la locazione finanziaria, fattispecie ampia e non ben definita che può celare ipotesi di obbligazioni che espongono la pubblica amministrazione in termini finanziari, valgono i principi indicati da Sezione Autonomie con la delibera 13/6/2017, secondo i quali la locazione non costituisce indebitamento ove l’amministrazione, previa valutazione della convenienza ed economicità dell’operazione dimostri che rischi siano allocati in capo al privato e quindi conformi sia nel momento genetico strutturale che in quello funzionale alla regolamentazione di cui agli art 3 e 180 del codice contratti pubblici.
Ne deriva quindi l’esigenza che indipendentemente dalla qualificazione nominale siano verificati tutti i contenuti reali del contratto e che ogni onere dallo stesso discendente che superi il 49% del valore del finanziamento dovrà essere contabilizzato “on balance”.