Non è possibile la revisione del prezzo durante il periodo di proroga tecnica

Lo ha ribadito il  Tribunale Regionale Giustizia Amministrativa Trentino Alto Adige Bolzano, con sentenza del  12 maggio 2021, n.141 ove si legge “ Al fine di determinare se, in sede di proroga, l’amministrazione abbia o meno la possibilità di imporre il prezzo per la prestazione del servizio, occorre distinguere tra:
a) la proroga c.d. “contrattuale” che è così definita allorché sia stata prevista nel bando di gara e nel contratto: in questo caso a tutti i partecipanti alla gara è quindi noto che il contratto è esposto a un prolungamento della sua durata e di un tanto possono tenere conto ai fini della partecipazione alla gara e della formulazione dell’offerta; in tale situazione eventuali adeguamenti del prezzo possono essere applicati ove previsti contrattualmente, per esempio con riferimento al cosiddetto indice FOI (indice di variazione dei prezzi per le famiglie di operai e impiegati), pubblicato dall’ISTAT;
b) la proroga c.d. “tecnica” che si verifica quando il contratto viene prolungato dall’Amministrazione, per cause a essa non imputabili, allo scopo di garantire la continuità di un servizio essenziale nelle more della conclusione della procedura di gara per scegliere il nuovo gestore (che va bandita prima dell’originaria scadenza contrattuale); la proroga tecnica ha, quindi, carattere di temporaneità e rappresenta uno strumento atto esclusivamente ad assicurare il passaggio da un regime contrattuale a un altro; tale proroga è teorizzabile, ancorandola al principio di continuità dell’azione amministrativa (art. 97 Cost.) nei soli, limitati ed eccezionali, casi in cui (per ragioni obiettivamente non dipendenti dall’Amministrazione) vi sia l’effettiva necessità di assicurare precariamente il servizio nelle more del reperimento di un nuovo contraente:si tratta, quindi, di un istituto del tutto eccezionale, di elaborazione giurisprudenziale, che non era codificato nel previgente Codice dei contratti pubblici, ed è ora disciplinato dall’art. 106, comma 11, del D. Lgs. n. 50 del 2016 che stabilisce che “la durata del contratto può essere modificata esclusivamente per i contratti in corso di esecuzione se è prevista nel bando e nei documenti di gara una opzione di proroga. La proroga è limitata al tempo strettamente necessario alla conclusione delle procedure necessarie per l’individuazione di un nuovo contraente. In tal caso il contraente è tenuto all’esecuzione delle prestazioni previste nel contratto agli stessi prezzi, patti e condizioni o più favorevoli per la stazione appaltante” (art. 106, comma 11, D. Lgs. n. 50/2016).
In caso di proroga tecnica, pertanto, il contraente è tenuto a espletare il servizio alle stesse condizioni stabilite nel contratto originario ovvero in quelle più favorevoli per la stazione appaltante e nessun tipo di modifica del contratto è quindi ammessa, se non in termini di estensione temporale della sua durata per il tempo strettamente necessario per concludere la procedura.
L’istituto della proroga tecnica si differenzia dal rinnovo del contratto pubblico proprio perché mentre la proroga ha come solo effetto il differimento del termine finale del rapporto, che rimane per il resto regolato dall’atto originario, il rinnovo comporta una nuova negoziazione con il medesimo soggetto, che può concludersi con l’integrale conferma delle precedenti condizioni o con la modifica di alcune di esse in quanto non più attuali. Ai fini di qualificare la tipologia contrattuale (rinnovo o proroga) non è rilevante il nomen iuris formalmente attribuito dalle parti, bensì l’esistenza in concreto, per il rinnovo di una nuova negoziazione e per la proroga del solo effetto del differimento del termine finale del rapporto, il quale rimane per il resto regolato dall’atto originario, con la precisazione che la nuova negoziazione può anche concludersi con la conferma delle precedenti condizioni.
Nel caso di proroga tecnica, va precisato che l’adeguamento all’indice FOI/ISTAT costituisce per l’amministrazione il limite massimo oltre il quale, salvo circostanze eccezionali che devono essere provate dall’impresa, non può spingersi nella determinazione del compenso revisionale: questo criterio revisionale è stato in particolare ritenuto quello maggiormente coerente con la finalità della norma di legge finanziaria, consistente nel preservare il privato appaltatore o concessionario dalla svalutazione monetaria, a garanzia della corretta esecuzione del contratto d’appalto, in comparazione con le esigenze di prevenire un ingiustificato aumento della spesa pubblica. Sotto questo profilo, finirebbe per ‘premiare’ le imprese meno efficienti, le quali cioè non si rivelano in grado di reagire a rialzi dei propri costi attraverso le necessarie misure di razionalizzazione produttiva, in virtù della possibilità di traslare i relativi oneri a carico della controparte pubblica: a fronte del principio generale di immodificabilità del corrispettivo contrattuale offerto dall’impresa, l’adeguamento all’indice FOI/ISTAT è considerato dunque sufficiente, anche nei contratti di durata, per mitigare eventuali incrementi dei costi durante il periodo di esecuzione pluriennale del contratto. Un aumento ulteriore del corrispettivo offerto rispetto all’adeguamento all’indice FOI/ISTAT (previsto nel caso specifico dal contratto del 2014) deve considerarsi del tutto eccezionale e va in ogni caso dimostrato da parte dell’operatore economico, nell’ambito del suddetto procedimento di revisione prezzi, attraverso ulteriori e soddisfacenti elementi, atti a comprovare l’entità del maggior danno rispetto a quello coperto con il ricorso all’indice FOI/ISTAT, escludendo quindi automatismi o presunzioni.”